R: [Samba-it] OT Certificazioni RedHat
Ottavio Campana
ottavio at campana.vi.it
Tue Jun 1 15:07:01 MDT 2004
Bonamici, Andrea wrote:
> Dal punto di vista dell'impegno ti assicuro che ne serve molto.
> L'esame dura tutta una mattinata e buona parte del pomeriggio.
> C'è una parte di disaster recovery, una parte con (mi sembra) 50 domande,
> una parte con
> configurazioni varie sia lato client che lato server.
> Un consiglio: non studiare solo teoria, fai anche degli esercizi per essere
> capace a rimettere in piedi un PC di cui ad esempio hai perso il file
> /etc/fstab o di cui non hai la pwd di root.
> Devi trovare un libro dedicato.
beh, oddio, un libro dedicato per rifare un /etc/fstab perso o
recuperare la password di root mi sembra eccessivo....
in caso pessimo fai il bootstrap con un cd knoppix e sistemi tutto :-)
Seriamente, vorrei dire la mia sulle certificazioni. Ho sempre avuto il
dubbio che tutte le certificazioni non servano molto. In particolar modo:
1) non reputo furbo sottoporsi a test dove ti chiedono i vari flag dei
comandi. Se ho un dubbio mi leggo la manpage al volo. Non è il
nozionismo sterile che ho visto nei test di esempio che fa il sistemista.
2) non reputo che quello che si apprende studiando un "libro dedicato"
possa rimpiazzare l'esperienza, preferibilmente pluriennale. Voglio
vederti a fare un restore di dati critici con la caga di non sapere se
riesci a tirarli fuori e non a fare la provetta del menga con dati che
non interessano.
3) siccome per esempio debian e redhat sono simili ma non uguali a che
pro certificarsi se poi non verrà usata redhat? Mi spiego. Ha senso
studare i comandi specifici di una distribuzione? Non conviene piuttosto
capire la natura del software che si usa e acquisire una certa
flessibilità mentale?
Ho sempre stimato poco chi si sbobbava le certificazioni M$ per poi
poter dire "adesso so", quando imparava non tanto la teoria generale ma
solo l'implementazione di windows. Per coerenza devo stimare allo stesso
modo anche chi fa lo stesso ragionamento con linux.
Facciamo un esempio pratico. Per entrare in un sistema come root senza
avere una password basta passare come variabile init=/bin/sh al kernel e
da lì si ha al boot una shell di root con cui fare tutto quello che si
vuole. Con questo uno può smanettare e rispondere alla domanda citata da
Andrea.
Però oltre a questo imho un buon sistemista deve andare un po' più in là
della risposta. Per esempio perché si passano variabili al kernel?
Perché per avere una shell viene passata una variabile che si chiama
init (e da qua si potrebbe discutere sul design di unix, non solo linux,
per init e i processi che nascono tutti mediante fork, eccetto il
kernel)? Come si evita il passaggio di variabili al kernel? Vale
veramente la pena spaccarsi la testa per evitare che l'utente passi
variabili al kernel? Si potrebbe fare un esame intero solo sulla
seuquenza che va dall'accessione al primo login dell'utente.
Insomma, non sono cose che si imparano solo su un "libro dedicato".
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